Nuovi casi di femminicidio in Italia: Sara Campanella e Ilaria Sula vittime di rabbia e di dominio maschile

A cura di Emiliano Fabbri, esperto criminologo e tecnico psicologo

Ancora una volta, il nostro paese si trova a fare i conti con l’orrore della violenza di genere. Due giovani donne, Sara Campanella e Ilaria Sula, sono state brutalmente uccise in circostanze che hanno sconvolto l’opinione pubblica. Due storie diverse, ma unite dallo stesso tragico destino. Due vite spezzate da uomini che avrebbero dovuto proteggerle, non porre fine alla loro esistenza.

Il primo caso arriva da Messina. È il 31 marzo 2025 quando Sara Campanella, 22 anni, studentessa universitaria originaria di Misilmeri, viene accoltellata mortalmente sul viale Gazzi. Il presunto responsabile dell’omicidio è Stefano Argentino, 27 anni, originario di Noto, ora in custodia cautelare in carcere. Un gesto di violenza estrema che si inserisce in uno schema purtroppo già visto: una relazione conflittuale, una gestione emotiva problematica, un rifiuto vissuto come insopportabile. La criminologia ci insegna che molti femminicidi nascono da un bisogno ossessivo di controllo, dal rifiuto dell’idea che una donna possa autodeterminarsi e sottrarsi a un rapporto malsano. Quando il soggetto aggressore percepisce di perdere il dominio sulla vittima, il rischio di una reazione violenta diventa altissimo.

Non si tratta mai di un evento improvviso, ma del culmine di un percorso fatto di segnali premonitori, spesso ignorati o sottovalutati. Minacce, stalking, atteggiamenti ossessivi sono le prime avvisaglie di una violenza latente che, se non arginata, può sfociare nell’irreparabile. Molti degli uomini che commettono femminicidio presentano profili psicologici caratterizzati da una forte dipendenza affettiva, accompagnata dalla paura dell’abbandono e dalla convinzione di possedere la persona amata. Questo aspetto patologico è alla base della maggior parte degli episodi di violenza estrema nelle relazioni sentimentali.

Pochi giorni dopo, un altro femminicidio scuote la capitale.

Questa volta la vittima è Ilaria Sula, 22 anni, trovata senza vita all’interno di una valigia a Poli, tra Tivoli e Roma. Il suo ex fidanzato, Mark Samson, 23 anni, è stato fermato e, durante l’interrogatorio, avrebbe confessato il delitto. L’occultamento del corpo in una valigia è un elemento che va oltre l’omicidio stesso: è il tentativo di negare la vittima, di farla sparire anche simbolicamente. Un gesto che denota un distacco emotivo e una freddezza agghiacciante, caratteristiche che spesso emergono nei profili di soggetti con personalità disturbate.

L’eliminazione fisica della vittima, in questi casi, è il punto culminante di un’escalation in cui la rabbia e il bisogno di dominio prendono il sopravvento. Il carnefice non accetta il distacco, non tollera di essere messo da parte e reagisce con una violenza cieca. Spesso, la dinamica psicologica alla base di questi crimini è quella della cosiddetta “sindrome del rifiuto”, in cui l’individuo non riesce a elaborare la fine di una relazione se non attraverso l’annientamento dell’altro. È un meccanismo perverso, in cui il controllo diventa l’unica risposta possibile alla perdita.

Questi due casi dimostrano ancora una volta come il femminicidio sia raramente un atto improvviso. È quasi sempre il culmine di una spirale di violenza, di una progressiva escalation in cui la vittima si trova intrappolata. Le dinamiche psicologiche dell’aggressore rivelano incapacità di gestire la frustrazione, tratti narcisistici, ossessione per il controllo e, spesso, una totale assenza di empatia. Dietro questi delitti ci sono storie di possesso, di ossessione, di uomini incapaci di accettare il rifiuto e di elaborare la fine di una relazione.

A fronte di questi ennesimi episodi di violenza, la società non può più rimanere a guardare. Serve una presa di coscienza collettiva, un’azione concreta che vada oltre l’indignazione del momento. Occorre investire seriamente sulla prevenzione, sul riconoscimento precoce dei segnali di abuso e sull’efficacia degli strumenti di tutela. Uno dei punti cruciali è garantire che misure come i braccialetti elettronici siano effettivamente deterrenti, funzionino in maniera affidabile e siano applicati tempestivamente, senza attese burocratiche o sottovalutazioni dei rischi.

Alla prima denuncia o segnalazione, dopo mirati controlli e indagini, si deve agire con fermezza, senza aspettare che la situazione degeneri.

Non si può più tollerare che una vittima continui a subire minacce e persecuzioni perché le istituzioni non intervengono in tempo. Tuttavia, è altrettanto fondamentale evitare un clima di paura generalizzata tra gli uomini, affinché non si crei una situazione in cui ogni interazione tra i sessi diventi un rischio legale. In Spagna, ad esempio, è emerso che alcuni calciatori abbiano adottato contratti di consenso sessuale con le loro partner per tutelarsi da eventuali accuse di violenza. Secondo quanto riportato da “Leggo” il 15 settembre 2024, tali contratti dettaglierebbero le pratiche sessuali concordate, includendo persino clausole controverse come quella di “stupro accidentale”. Questo fenomeno solleva interrogativi sulla fiducia reciproca e sulle dinamiche di potere nelle relazioni.

La violenza sulle donne non deve mai diventare un’arma di ricatto per persone malintenzionate. Serve equilibrio tra tutela delle vittime e giusta applicazione della legge. Indagini rigorose, pene più severe e controlli costanti devono essere il pilastro di una strategia di prevenzione efficace.

Solo così sarà possibile proteggere chi è davvero in pericolo e impedire che tragedie come quelle di Sara e Ilaria si ripetano ancora.

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