TERZA GUERRA MONDIALE: IL CONTO (INFINE) È ALLA ROVESCIA

Di Lucaa del Negro

Perduto il tempo per attendere alle nozioni di base della stesura dell’elaborato, occhiello e sommario per l’appunto abbandonati a forza, il risultato lapidario è un titolo che non concede nulla al lettore distratto, annoiato, indifferente e stanco, assente già giustificatosi, laddove il conflitto mondiale non è più un’opzione. (La realtà è dunque questa, la barbarie che succede a un periodo di gloriosa civiltà)

Avremmo dovuto interpretare i segni che hanno preceduto le ostilità?
Avremmo dovuto concedere qualche spazio ai pochi che hanno protestato in nome della pace?

Avremmo dovuto negare il voto a quelli che di fatto hanno patrocinato direttamente ed indirettamente attraverso la spesa pubblica i mercanti di morte?
 
Questi interrogativi e molti altri, ora, non hanno più senso compiuto.

Il conto alla rovescia è iniziato e fermare gli eventi infausti non sembra possibile perché “noi”, società occidentale artefice di questo epocale ed autodistruttivo fatto, siamo gli ideatori, i creatori, gli iniziatori di tutto ciò, avendo bollato a suggello nientemeno l’ormai condivisa espressione di quel moto guerrafondaio inscritto come “guerra preventiva” o “guerra per la pace”, contraddizione massima ed ossimoro che solamente nella nuova grammatica di guerra pubblicata recentemente nel “Quaderno di guerra (Ihr Kampf)” dal sottoscritto con la prefazione del Direttore di questa rivista avreste potuto scorgere senza ferirvi.

Quantunque “la grammatica di guerra” è profondamente cambiata, l’ineccepibile ragionamento più fine a nostra disposizione sembra essere privo di quell’aria nichilista che la storia in occasione di queste tragedie ha sempre consumato, nel mentre la parabola di quanto avevamo soppesato essere “civile” volge alla fine, e la guerra ritorna come ritornerà per chiudere un’epoca con la distruzione, soprattutto materiale.

Ci sono numerose solide basi a sostegno di questa intenzionale esposizione dal sapore di comunicato che, il solo elencarle riempie la pagina virtuale adatta a una lettura sostenibile o possibile per quelli che -e senza affronto- già hanno dimostrato di non esporsi, magari pensandosi al riparo e cioè esclusi dall’essere target, inconsapevoli che il “raggio del danno da esplosione leggera”, in inglese “thermal radiation radius“, (fonte ADUC, Associazione Utenti e Consumatori aps -associazione di promozione sociale per la promozione dei diritti dei cittadini consumatori ed utenti-) è stimato in circa 11.000 Kmq., ovvero un raggio approssimativo di 60-70 Km.

Sì, il conflitto si prospetta nucleare, e nulla sembra allontanare questo scenario benché l’insensato e folle messaggio di tutti i media sia quello di un “controllo” delle radiazioni, di un “efficace” trattamento farmacologico già in fase di commercializzazione nell’eventualità in cui dovremmo affrontare la radiazione neutronica, i raggi gamma, le particelle alfa e gli elettroni a velocità prossime a quelle della luce!

La diffusione costante di notizie e approfondimenti, e dei probabili sfondi di guerra, ha origine negli Stati Uniti d’America, l’unico Paese al mondo che nella storia dell’umanità ha sganciato e per due volte l’ordigno nucleare sul suolo di un Paese sovrano, sulle teste della popolazione civile: questo è dato di fatto, preso appunto come elemento che la storia ha dovuto registrare nelle pagine che noi tutti abbiamo studiato, invero sviluppando nel complesso un pensiero piuttosto comune e ordinario incentrato sulla opportunità e forse bisogno di aver visto accadere l’apocalisse nella completa passività, assecondando la volontà ed il comando di quelli che si sono dichiarati vincitori e che invece facevano parte di un’alleanza di vincitori, coalizione -per completezza- non informata della partenza del bombardiere B-29.

Per conformare questo scritto al mero elenco del potenziale messo in campo che parrebbe inesorabilmente condurre verso lo scoppio della terza guerra mondiale, tralasciando di proposito il presunto beneficio alla democrazia e libertà della carneficina di Hiroshima e Nagasaki, è inevitabile ricordare che tra circa trenta giorni il nuovo Presidente degli U.S.A. avrà un nome e, le dichiarazioni di uno dei contendenti (Donald Trump) sono quantomai trasparenti. Testuale: “Bombardare i siti nucleari dell’Iran!“. Dall’altra parte, il senile Presidente uscente (Joe Biden) ha accelerato a dismisura le provocazioni militari per arrivare a questo punto e con la Russia (conflitto sanguinoso in corso in Ucraina che coinvolge attivamente e per la prima volta nella sua storia la NATO), e con l’Iran, mettendo a ferro e fuoco la Regione mediorientale attraverso Israele. (Il vice presidente in carica, Kamala Harris, sfidante di Trump, a poche settimane dal voto, non ha dato nessuna prova di voler cambiare il corso della belligerante politica americana e non c’è nemmeno un dibattito pubblico tra gli sfidanti mediato da qualche organo giornalistico per poter orientare l’elettorato, fare questo lontano anni luce da quelle che un tempo erano consuete pratiche democratiche)

Le tanto celebrate democrazie -addirittura nell’utilizzare lo strumento di guerra per autorizzare la violenza estrema e su di cui questa lettura cinge la sua stessa struttura- si sviluppano, si ergono e governano in virtù della partecipazione e della libera scelta individuale (grazie all’informazione non asservita al potere) che esprime il consenso attraverso il ricorso alle urne, teorie assolutamente aperte, evidenti ed accettate.

Il richiamo della democrazia di Israele da difendere, di quella degli U.S.A. da allargare universalmente e di quella europea da salvaguardare è incessante, ed è tutto quanto viene dispensato con ogni mezzo nelle nostre Lande all’ombra delle 250 basi militari U.S.A. in Europa: è dunque sbagliato scorgere sia questo il movente per cui lo scatenare la furia della guerra totale è il male necessario?

Non lo è se i requisiti democratici fossero soddisfatti, e se soprattutto ogni voce avesse non solamente peso, in considerazione che ad esempio la Cina, l’Iran, la Russia e lo Yemen -per fare un brevissimo esempio dei Paesi sotto attacco diretto ed indiretto- comunque rappresentano circa il 22% dell’intera popolazione della Terra senza includere le recenti nuove alleanze ma, la loro audizione fosse almeno presa in considerazione, non potendo inoltre non ricordare il disprezzo ufficiale della “democratica” Israele (9,5 milioni di cittadini; 0,1% della popolazione mondiale appoggiati dagli U.S.A. -4% della popolazione mondiale- con parte dell’Europa, Canada e Australia -9% della popolazione mondiale-) all’Assemblea generale delle Nazioni Unite (l’ultima organizzazione intergovernativa accreditata nel mondo) il 27 settembre 2024. Testuale: “Palude di bile antisemita“.

Oltre la grammatica democratica profanata, utilizzando un termine moderatamente laico per menzionare anche gli (esaltati?) che spostano il tema sulla (presunta?) superiorità della fede in Yahweh, ci sono responsabilità accertate, limitazioni imposte arbitrariamente e impedimenti vari che spaziano nella socialità che ci accumula: perdita dei valori condivisi; ideologie svanite eppure utilizzate per distorcere una questione; egocentrismo e narcisismo a livelli inauditi; estraneità totale alla filosofia e nello specifico alla logica in favore del materialismo più volgare che si cala nel consumismo; ritiro sociale e depressione a seguito abuso realtà virtuale.

E se dunque la platea è così ridotta, quale è il grado di legittimità della (questa) democrazia che persi i suoi attributi e proprietà opera in maniera verosimilmente sbilanciata? Quale fondatezza, quale grado di giustizia appare da chi la invoca tale -mutilata indi debilitata- per iniziare una guerra mondiale?

La “ragione di Stato” è stata ed è un deposito fiduciario che il sistema politico economico capitalista riconosce come dinamico e vitale per il proprio corso; oggi (in occidente) gli organismi governativi completamente votati alla finanza, richiedono tale misura trasversalmente, in maniera manifesta, dove il consenso popolare, gli accordi, le intese e quasi ogni attività democratica, avviene sottintendendo e cioè escludendo i processi legati ai numeri: maggioranze e minoranze, quote (la parte con la quale il singolo concorre a formare un insieme) eccetera, vengono stabilite da entità sovranazionali e non precisate, addirittura extraeuropee in considerazione dei probabili scenari europei (!) e dunque dominate prevalentemente negli asset (mercato multinazionale) e così via, laddove il modellare democraticamente la volontà politica dei cittadini -attività fondamentale dei partiti – è di fatto un’attività gestita senza cittadini, vedi come sommo esempio le istituzioni europee a cui dovranno completamente a forza traslare i Parlamenti del Vecchio Continente ed in cui l’elezione dei rappresentanti -per semplificare la politica di Bruxelles- è gestita in toto da nomine.

L’astensionismo (la media dei cittadini alle urne è costantemente sotto il 50% ed è in diminuzione secondo tutti sondaggi!) conferma l’assoluta indisposizione del sistema verso l’ideale democratico, esprimendo viceversa comando in modalità assoluta e autoritaria, negando addirittura -per focalizzare ulteriormente il tema di guerra ivi proposto- l’istituto giuridico con cui si chiede all’elettorato di esprimersi con un voto diretto su una specifica proposta o domanda, il referendum.

Il preludio alla guerra è quantomai accertato, accettato per meglio dire; i giornalisti e i loro organismi sono pressoché veicolati dalle lobby che detengono quote di maggioranza delle proprietà, e la lettura delle notizie -nuovi media aggregati- è difficile e forse impossibile non doverla iscrivere nella propaganda, la manipolazione principe dell’opinione che precede la guerra.

La questione non è “mainstream” oppure “underground” per intenderci, corrente comune e dominante o anticonformista e alternativa -per usare la nostra lingua- ma, distinguere la realtà dalla finzione, il vero dal falso.

Solamente una manciata di anni addietro, utilizzare una asserzione sui generis per un pubblico adulto, sarebbe stata idiozia da scrivere e banalità senza senso, eppure oggi, constatando che anche i più autorevoli e quotati mezzi di informazione nonché il servizio pubblico utilizzano suddetta tecnica e sempre più sofisticata (IA -intelligenza artificiale- è l’ultima tecnologia in costante sviluppo) per regolamentare le trasmissioni, l’assurdo di un tempo diviene regola.

I gruppi finanziari che operano nel settore con bilanci impossibili da verificare anche quando i disavanzi sono astronomici, adempiono perfettamente alla loro natura di società di capitali, dove il profitto è, rimane, l’unico interesse a cui votare il sacrificio addirittura massimo utilizzando prevalentemente la Tecnologia dell’Informazione (IT). Meta (Facebook; Messenger; Instagram; WhatsApp; Oculus; Workplace; Portal devices; Novi digital wallet; Vanguard Group Inc.; BlackRock Inc.; FMR, LLC; State Street Corporation; JP Morgan Chase&Co.; Geode Capital Management, ed altri) e X (Tesla; Neuralink; SpaceX; OpenAI; Vanguard Fiduciary Trust Co.; State Street Corp.; BlackRock Life Ltd.; JPMorgan Investment Management, Inc. ed altri) e Alphabet (Google; YouTube; Gmail; Gmap; Boston Dynamic ed altri di cui il 64% circa “sconosciuti”) e Microsoft Corporation (BlackRock Inc.; Vanguard Inc.; JP Morgan Chase&Co. ed altri) e Apple (Vanguard Fiduciary Trust Co.; BlackRock Advisors LLC e molti altri di cui il 39% circa “sconosciuti”) per citare sommariamente solo i più noti in occidente, sarebbero o no i padroni del “nostro mondo” -sbeffeggiando il diritto della concorrenza- in considerazione dei capitali in circolo?

(Nota: Wikimedia Foundation, “L’enciclopedia libera” come lo slogan di Wikipedia riporta, per dare una informazione ad ampio raggio per un futuro approfondimento del tema, nel 2019, tra i maggiori donatori registra: the Alfred P. Sloan Foundation; Google; Apple; Microsoft e the Argosy Foundation)

La guerra, invero, ha sempre conformato il governo dei capitali in maniera tale da assicurarli per una parte quando il controllo di essi si faceva problematico -leggi delle “crisi” dei mercati- ricordando che il segnale della crescita esponenziale del valore dell’oro e dell’argento ancora oggi non comporta un giudizio adeguato al di fuori di quello finanziario per l’unico motivo di quantificarne il prezzo di acquisto e di vendita; al momento dello scrivente non c’è accenno di un arresto, di una tregua, di un intervallo per così dire diplomatico, e la comunità internazionale non è rappresentata da nessun cittadino in virtù della cosiddetta e decantata grammatica democratica.

Al di fuori dell’insensata celebrazione della formula del mandato totale, di quello che generalmente si pensa essere contratto (senza opportuna verifica dove l’art. 67 -vincolo di mandato- della Costituzione è abusato a dismisura) a lungo termine tra l’elettore registratosi per la consultazione ed il politico che provvederà per un futuro migliore in ogni ambito, in ogni sfera, universalmente, che cosa rimane di questa delega che sprofonda nell’ipocrisia?

Le strazianti, disperate, drammatiche immagini che malgrado tutto riescono a giungere nelle scrivanie, nei salotti, negli studi occidentali provenienti dalle zone di guerra, pur tutte supervisionate da quella che un tempo si chiamava censura che elimina preventivamente ogni traccia di sangue, oggigiorno non hanno più effetto sull’opinione pubblica proprio perché il diritto democratico di fatto non prevede nulla oltre il decifrare il consenso (processo mediatico lungo e sfibrante) e contare la maggioranza, tutti numeri in balia di quelli che li gestiscono processandoli in “dati”; lo strazio che a tratti emerge dai social  attraverso quella che sembrerebbe un’opposizione, quell’azione con cui si cerca di ostacolare qualche cosa, di impedirne l’attuazione, di fare a essa contrasto anche negando il proprio consenso, trattasi di antagonismo già contenuto e cioè “controllato” da almeno due fattori:

il primo è certamente il costante revisionismo trasportatore della deficienza di ideali possano essi essere compresi in un movimento, in un partito politico, dove per stupidità si intende il pilotato difetto che conduce al non essere accettati indi presenti nel panorama democratico e cioè esclusi a priori quando l’indice è verso la democrazia siffatta a ciò che oggi essa rivela (dominio e controllo) -per l’esempio, per come volevasi dimostrare- di entrare in guerra contravvenendo addirittura alla richiesta di suffragio fondato sugli articoli della Carta costituzionale.

Il secondo punto presume un introspezione sociologica, un’analisi della società moderna tutt’altro che scontata per l’effetto di devastazione culturale trainante dei cittadini inscritti nell’ipnosi sociale avvolti dal marketing in masse.

Semplificando, riducendo al massimo il pensiero in un tentativo di sintesi per questo spazio, la conservazione o meglio il rischio di indietreggiare nella scala sociale conformato allo status quo, qualsiasi impegno si possa voler prendere, è regolato dalla richiesta continua di stabilità economica che la società a cui apparteniamo richiede come prova esistenziale e certificata, pena lo scivolamento, la caduta verso un livello più basso contraddistinto da meno servizi, meno libertà, minor aspettativa di vita.

Questi che sono modelli che la democrazia occidentale ha fatto propri grazie all’inclusivo equilibrio con il modello capitalista e consumista, vedi per un esempio ancora il rapporto della qualità dei servizi sanitari con le remunerazioni private per usufruire delle prestazioni, sono fondamentali ed indispensabili per vivere in società, per coesistere, per essere parte della massa delle aspettative crescenti, fittizie quanto basta perché maturate nell’ignoranza più obliqua.

Sacrificare interiormente (assimilare per accrescere nel tempo una coscienza deviata) una scelta differente, un disaccordo, un possibile contrasto allontanando anche il compromesso e il supporto a chi non è stato ancora vinto, si traduce nel negarsi, nel disconoscere la partecipazione attiva alla critica fino ad arrivare a sciupare la configurazione di un fatto e di un fenomeno in relazione al rapporto di interdipendenza fra i suoi elementi costitutivi: la logica.

La legge dei contrappesi sembra essere ancora l’arcaica garanzia a cui la pace può sperare; la spinta per sbilanciare il precario equilibrio è piuttosto evidente e, nonostante le informazioni siano del tutto parziali per come le possiamo ricevere da qualsiasi lato ci presentiamo, il futuro sembra disegnato con lo stesso inchiostro furono scritte le guerre del passato, anche remoto.

Ed allora, perché non accettare che il “distruggere per ricostruire” è l’avvenire migliore per le prossime generazioni in attesa di un’APP (bonus inclusi) per l’arruolamento e, ubriacarci di cinismo, di vigliaccheria, nella speranza lo scenario di guerra (civile) si sposti sul suolo americano come fosse l’ultima pigra mira per non ritrovarci a soffrire al fronte?

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Lucaa del Negro

autorenegro.org
[Foto copertina:“#IhrKampf_00”]
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